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London Has Fallen: Attacco al Potere 2. Per cortesia, basta.

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Vi ricordate il primo film? Si intitolava Olympus Has Fallen: Attacco al Potere, l’aveva diretto quel bel regista che è Antoine Fuqua, dopo Brooklyn’s Finest (che vi giuro ho visto, ma non saprei dirvi nulla se non che c’è Michael Kennet Williams) e prima di quella bombetta che era The Equalizer. Era uscito prima del suo clone migliorativo più simpatico, aka White House Down di Roland Emmerich, e aveva in qualche modo rilanciato il genere “buoni americani contro terroristi cattivi di un paese in cui non esiste la democrazia”. La storia era molto semplice: Gerard Butler è Mike Banning, uno con un nome da megaduro che di lavoro fa la super guardia del corpo del presidente degli Stati Uniti d’America Aaron Eckhart. Prima erano super amici, poi c’è tipo una tragedia che mina il loro rapporto di Best Buddies 4Evah, poi arrivano i terroristi nordcoreani alla Casa Bianca, Gerard da solo ammazza tutti e salva il Prez che ovviamente lo premia ritornando suo miglior amicones di sempre. Ah, guardando la locandina mi rendo conto che c’era pure Morgan Freeman ma sinceramente non ricordo cosa cazzo facesse. Era interessante? Mah, guarda, forse l’unica questione era che sembrava un film dei primi anni Novanta ma con i nordcoreani al posto dei russi. Girato bene? Mah, guarda, direi che ho visto di molto meglio ma anche di molto peggio. Quindi? Mah, guarda…

ditemi cosa devo fare, raga.

Ditemi cosa devo fare, raga.

Ora, a tre anni di distanza, esce il seguito. Storia: il primo ministro inglese muore. Tutti i capi di stato vanno a Londra. I terroristi attaccano Londra e vogliono uccidere il Prez. Who you gonna call? Mike Banning, ça va sans dire. E pensare che nella prima sequenza abbiamo visto la guardia del corpo più letale di sempre pronto a inviare una mail al suo migliore amico. “Signore, è stato un onore poterla servire ma devo andare: il mio posto è là!”. Sì, perché il vecchio Mike Banning, un uomo che ama definirsi fatto di “bourbon e scelte sbagliate”, sta per diventare papà e quindi non può più rischiare la vita ogni giorno contro questi dannati terroristi nemici della libertà. Per farvi capire di che film stiamo parlando c’è una sequenza in cui Gerard torna a casa tutto sudato dopo essere andato ad allenarsi con il Presidente e a casa c’è la signora Banning, Radha Mitchell invecchiata e col pancione, che vuole decidere col marito di che colore fare la cameretta del nascituro. Tipo così, regaz. Siamo a questo livello di fantasia qui. Comunque, succede il patatrac e quindi Mike Banning deve spaccare il culo ai terroristi ancora una volta. Sempre nordcoreani? No, questa volta si taglia la testa al toro e si va dritto: i nemici sono arabi.

Probabilmente NON Londra

Probabilmente NON Londra

Attacco al Potere 2 è uno dei film più scialbi e tristi che mi sia capitato di vedere al cinema da un bel po’ di anni a questa parte. Profondamente, irrimediabilmente, ignorantemente razzista (il discorso finale che Butler fa al villain sembra una parodia delle cose più turpi che dice Trump nei suoi rally), riesce ad essere uno dei prodotti peggio girati che mi sia mai capitato di vedere. Il regista, l’iraniano svedese Babak Najaf (TRUE STORY), riesce a sbagliare dei semplici campi e controcampi per cui figuratevi come se la cava con le sequenze action. Le sequenze che avete visto nel trailer, quelle con le esplosioni e le mitragliette, sono evidentemente girate da una seconda unità che è andata a Londra con gli unici soldi che aveva la produzione. Tempo due giorni e son tornati a casa con del materiale che poteva fare anche una troupe del Tg1. Il resto – quindi il nucleo del film – è invece girato da questo babbeo a Sofia (truccata malissimo da Londra), solo di notte e con una fantasia e una voglia vicino allo zero.

Babak Najafi, regista iraniano svedese. Negato.

Babak Najafi, regista iraniano svedese. Negato.

Mentre Gerard e Aaron tentano di ammazzare più arabi possibili (ad un certo punto Gerard, che produce anche, spara a un terrorista SULLA SEDIA A ROTELLE) ci dobbiamo anche sorbire delle sequenze di raccordo in cui vediamo l’intelligence britannica discutere tipo via Skype con il vicepresidente Morgan Freeman e il suo staff tentando di farci appassionare al fatto che forse c’è una talpa. Ed è qui che si raggiunge l’apice del nulla cosmico. Ad un certo punto un tecnico riesce a fare una cosa. Non mi chiedete cosa. Fa una cosa che serve a far vincere i buoni e quando ce la fa lo staff di Morgan Freeman – LA VINCITRICE DI UN OSCAR MELISSA LEO, I CANDIDATI ROBERT FORSTER e JACKIE EARLE HALEY – annuiscono soddisfatti. Con la faccia tipo: “Minchia, bravo questo col computer!”. Cioè, tutto quello che fanno questi tre attori è annuire. Ve lo giuro. È una roba che abbiamo già i vincitori dei Premi Bravo e Brava (all’intensità in un ruolo inutile) ai prossimi Sylvester, ma di gran lunga, eh? Anzi, Premio Brava e Brava alla Carriera.

LO SCONFORTO

LO SCONFORTO

DVD-quote:

“In confronto il primo sembra The Raid meets Quarto Potere.”
Casanova Wong Kar-Wai, i400Calci.com

>> IMDb | Trailer


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